Uno dei temi più dibattuti dell’ultima estate è l’invasione del granchio blu, una specie aliena che ha colonizzato gran parte delle zone costiere e salmastre della nostra penisola.
Ma perché se ne parla tanto? E, soprattutto, che cosa sono le cosiddette specie aliene invasive?
Una specie aliena è un organismo che non è nativo di una particolare area oggetto di indagine, e che può causare gravi danni all’economia e alla salute del nuovo ambiente in cui si trova a vivere.
Ma allora, anche i pomodori – originari dell’America Centrale – sono “alieni”? La risposta è “no”. Per essere considerata una specie aliene invasiva, questa deve adattarsi facilmente alla nuova area, deve riprodursi rapidamente, e deve avere effetti negativi sul nuovo contesto, comprese le specie autoctone.
Molte delle specie aliene conosciute colonizzano nuovi habitat attraverso la migrazione. Tuttavia, la maggior parte di queste viene introdotta volontariamente o accidentalmente dall’uomo attraverso il traffico legale e illegale (acquacoltura, pesca, caccia…). Gli stessi animali domestici, che ci accompagnano in molti nostri viaggi, possono essere un “veicolo di trasporto” perfetto per molti organismi alieni invasivi come virus e batteri.
La loro diffusione a livello globale è considerata, ad oggi, uno dei principali fattori di perdita della biodiversità, insieme al cambiamento dell’uso del suolo e del mare, allo sfruttamento diretto degli organismi, al cambiamento climatico e all’inquinamento.
Ecco perché l’Organismo Intergovernativo sulla Biodiversità e i Servizi Ecosistemici (IPBES) ha recentemente pubblicato un nuovo studio dedicato a questa nuova minaccia. Il report, prodotto da quello che è il principale organismo delle Nazioni Unite in materia di diversità biologica, ha coinvolto 86 esperti – tra cui scienziati e comunità indigene – nel corso di quattro anni e mezzo di lavoro ed è stato approvato dai governi riuniti a inizio settembre a Bonn.
I risultati fanno seguito a un altro studio del 2019 che avvertiva che 1 milione di specie erano a rischio di estinzione e che dovevano essere prese al più presto delle misure per contrastare quella che chiamiamo la sesta estinzione di massa.
Da quanto si legge, più di 37.000 specie esotiche sono state introdotte dalle attività umane in tutte le regioni e i biomi della Terra, contribuendo al 40% di tutte le estinzioni animali conosciute.
Attualmente, il ritmo di diffusione è pari a circa 200 specie aliene l’anno. La loro percentuale varia a seconda dei gruppi tassonomici:
dal 6% di tutte le piante esotiche al 22% di tutti gli invertebrati esotici. Un dato interessante è quello che riguarda la localizzazione. Sembra, infatti, che ben il 20% delle 37.000 specie aliene registrate, si trovi nelle isole. Ma, al tempo stesso, proprio qui la percentuale di riuscita delle attività di eradicazione è pari a ben l’88%.
Le tre principali specie aliene invasive sono: il giacinto d’acqua, una pianta acquatica originaria del Sud America tropicale che ostruisce i corsi d’acqua e danneggia la pesca, l’arbusto fiorito lantana e il ratto nero. Tra le specie più comuni ormai nel nostro paese, ci sono: la nutria, il gambero rosso della Louisiana, lo scoiattolo grigio, la tartaruga palustre americana e, ora, anche il famigerato granchio blu.