La parola “biodiversità” deriva dall’espressione “diversità biologica” ed è stata battezzata nel 1988 da un grande entomologo statunitense, recentemente scomparso: Edward O. Wilson. Essa identifica sia la varietà degli esseri viventi sul nostro pianeta che la pluralità con cui questa si esprime.
Per analizzarla è bene tenere conto di 3 diversi livelli: il primo abbraccia la diversità genetica all’interno della stessa specie ed è il motivo per cui individui della stessa specie ci appaiono con caratteristiche diverse (come, ad esempio, il colore del pelo o della pelle).
Il secondo livello è quello della diversità tra specie per cui, nel Pianeta, esistono organismi diversissimi tra loro ma dipendenti l’uno dall’altra secondo una intricata e affascinante rete di relazioni. In ultimo, la diversità tra ecosistemi ossia gli habitat in cui i diversi organismi vivono e si evolvono come i deserti, le barriere coralline, le foreste boreali… E tutti quei luoghi meravigliosi che tutti noi sogniamo di vedere almeno una volta nella vita.
Ma la biodiversità è anche la biblioteca della vita sul nostro pianeta:
ciascuna dell’indefinito numero di specie che esiste sul nostro pianeta ci racconta da dove veniamo, dove siamo e quale direzione dovremmo auspicabilmente prendere per assicurare a tutte le specie, compresa la nostra, la sopravvivenza. Senza contare il suo valore economico.
A titolo di esempio, basti pensare che secondo la Commissione europea, quasi 15 miliardi di euro della produzione agricola annuale dell’Ue sono direttamente attribuibili all’impollinazione degli insetti, e il numero di specie vegetali e animali usate in medicina è a dir poco incredibile: secondo la World Health Organization, circa 4 miliardi di persone se ne servono tuttora come opzione terapeutica principale, ma non per forza esclusiva.
Ma se c’è una cosa ancora più affascinante della biodiversità è il mistero che, ancora oggi, la avvolge. Nonostante i primi tentativi di catalogare le specie esistenti risalgano addirittura ad Aristotele, infatti, la verità è che ad oggi non abbiamo ancora idea di quante specie esistano sul Pianeta. Alcuni sostengono siano 30 milioni, altri addirittura miliardi.
E, purtroppo, questo significa che non sappiamo nemmeno quante ne stanno scomparendo.
L’uomo ha alterato il 75% della superficie terrestre, il 40% dei mari, e il 50% delle risorse d’acqua dolce
Da quando l’uomo ha messo piede sul Pianeta, circa 300.000 anni fa, ha alterato il 75% della superficie terrestre, il 40% dei mari e degli oceani, e il 50% delle risorse d’acqua dolce come laghi e fiumi. Secondo l’ultima edizione del Living Planet Index, elaborato dalla Royal Zoological Society di Londra e dal WWF, negli ultimi 50 anni sono scomparsi il 69% dei vertebrati, su un campione analizzato di 32.000 popolazioni. Le cause sono note e l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura le riassume in 5 fattori: perdita di habitat, sovrasfruttamento, inquinamento, cambiamenti climatici e introduzione di specie aliene invasive (che, per chiarezza, non sono quelle che arrivano da Marte ma tutti quegli organismi che si trovano a vivere in un habitat diverso dal loro come, ad esempio, il Gambero della Louisiana che ha colonizzato i nostri fiumi, oppure la zanzara tigre).
Questo ha portato 1 milione di specie animali e vegetali sull’orlo dell’estinzione.
1 milione su 8.7 che abbiamo catalogato. Ma se è vero che non abbiamo contezza del loro esatto numero, allora è possibile che proprio ora, mentre state leggendo questo articolo, una specie stia scomparendo senza che nessuno l’abbia mai vista per la prima volta. Fa paura, vero?
Ma c’è una buona notizia: anche se la biodiversità sta diminuendo drammaticamente, sappiamo chi è il responsabile (NOI UOMINI) e abbiamo gli strumenti scientifici e tecnologici, oltre che intellettuali, per fermare la tendenza in negativo.
Ciò che è cambiato, o che si è perso, non tornerà, ma possiamo decidere ora che non vogliamo distruggere altro. Per farlo, dobbiamo partire da un approccio sistemico, lavorando per trasformare tutti i settori dell’economia e della politica, nonché la visione e la capacità di azione di tutti gli attori coinvolti: dalle istituzioni alle imprese, dai cittadini al mondo della ricerca.
Una sfida importantissima e urgente alla quale siamo quindi tutti chiamati a rispondere.