Il conto alla rovescia per le vacanze estive è ormai ufficialmente iniziato.
Mentre sul monitor del pc, tra i libri o gli scaffali si compiono le ultime consegne, l’unico pensiero che la maggior parte delle persone ha in testa sono una bibita ghiacciata sul bagnasciuga, o una passeggiata al profumo di salsedine.
E, in effetti, il mare è il protagonista indiscusso delle ferie di gran parte degli italiani che, per loro fortuna, possono godere di ben 7.914 chilometri di costa.
Ma siamo proprio sicuri che il mare sia così contento di quella che, in alcuni periodi dell’anno somiglia quasi ad una vera e propria invasione?
Conosciamo il Mare nostrum e cosa la minaccia
“Posto al centro della Terra”, a voler ricordare la sua importanza ecosistemica, geopolitica e culturale, il Mediterraneo ha un’estensione pari allo 0.7%-0.8% di tutte le acque a livello globale.
Nonostante sia un bacino relativamente recente, semichiuso e con un lento ricambio delle acque, vanta una biodiversità strabiliante: 17.000 specie, ossia circa il 7.5% del totale conosciuto, in una superficie del solo 0.82% a livello mondiale.
E la cosa ancora più interessante è che la maggior parte di queste sono endemiche: il 44% delle specie di pesci ed il 25% dei mammiferi presenti nel bacino del Mediterraneo, sono infatti endemici.
Eppure, nonostante la sua importanza, ad oggi solo il 4,2% dell’intero spazio marittimo italiano è protetto.
Ma quali sono le principali minacce alla sua salute?
Nonostante la complessità della questione, a voler riassumere la risposta con una sola parola, basterebbe dire NOI, ossia noi Homo sapiens.
Secondo un report recente elaborato da WWF, il pericolo più grande per il Mediterraneo resta lo sovrasfruttamento delle sue risorse visto che, ad oggi, solo un 27% rimarrebbe teoricamente libero dagli impatti diretti (ma non da quelli indiretti e cumulativi) mentre un 73% degli stock ittici vengono normalmente pescati oltre i limiti sostenibili, ossia senza rispettarne il tempo di rinnovo.
A questo si aggiunge il traffico marittimo: nonostante le sue dimensioni ridotte, il Mediterraneo è letteralmente assediato da circa 200.000 navi l’anno, pari a circa il 20% dell’intero commercio marittimo globale. Numeri che mettono a rischio l’intera vita marina sia per il livello di inquinamento che per il rischio di collisioni che, purtroppo, coinvolgono continuamente cetacei e tartarughe marine.
A peggiorare la situazione è il fatto che buona parte di questo traffico (circa il 25%) è costituito dal commercio di idrocarburi, petrolio e derivati.
Secondo il Ministero dell’Ambiente, “ogni giorno nel Mediterraneo operano oltre 250 petroliere […] mentre 125 milioni di tonnellate di idrocarburi (pari a circa il 10% degli idrocarburi mondiali) vengono movimentate ogni anno nei porti italiani […] ci cui quasi il 70% si concentra in sole quattro aree: Cagliari,Genova, Augusta e Priolo, Trieste”.
Una situazione che comporta gravi rischi di sversamento ed è soggetta all’impatto del cosiddetto “inquinamento operazionale” determinato dal lavaggio delle cisterne, scarico delle acque di zavorra… che fanno sì che migliaia di tonnellate di idrocarburi finiscano in mare.
A completare la carrellata, l’inquinamento di rifiuti plastici e gli effetti dei cambiamenti climatici di origine antropica come l’acidificazione, la deossigenazione, l’innalzamento del livello del mare e l’aumento della frequenza e intensità dei fenomeni estremi che minacciano la biodiversità ma anche i sistemi economici, sociali e produttivi del nostro Paese e di tutti quelli che dipendono dal Mar Mediterraneo.
Anche noi, nel nostro piccolo, possiamo aiutarlo o minacciarlo
Si parla spesso dell’impatto positivo che le nostre scelte possono avere per l’ambiente e di come la salute del mare sia strettamente collegata anche alle azioni che compiamo in città.
Dai prodotti che acquistiamo, ai mezzi con cui scegliamo di spostarci, all’alimentazione, ai vestiti…
Tutto può influenzare positivamente o negativamente il futuro del nostro polmone blu.
Ma ci sono anche altre azioni, spesso sottovalutate o ignorate, che seppur molto più semplici, dovrebbero ormai far parte di quello che potremmo chiamare il decalogo del buon visitatore del mare e della spiaggia. Nonostante lo sforzo di molte associazioni e alcuni comuni, il comportamento di bagnanti e turisti è ancora troppo lontano dall’essere sostenibile e compatibile con le esigenze dell’ambiente marino.
Adulti in preda alla frenesia da selfie, bambini lasciati liberi di trasformare la spiaggia e i suoi abitanti in un parco giochi senza regole, proprietari di animali domestici fatti scorrazzare in aree dunali e zone sensibili…
Insomma, con l’avvicinarsi delle vacanze, per gli abitanti marini inizia un periodo non facile e chi di loro sopravviverà all’assedio, potrà tirare un respiro di sollievo solo ad ottobre e fino all’anno successivo.
Ecco, dunque, alcune semplici regole da seguire per rispettare quel luogo che sogniamo per 9 mesi l’anno e di cui riempiamo la memoria del cellulare di foto.
Infine, una buona macchina fotografica (magari usata!) può essere un’ottima alleata per immortalare le nostre vacanze e la vita marina che ci accompagnerà per la prossima, splendida estate.