Il 6 novembre è la Giornata internazionale delle Nazioni Unite per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in situazioni di guerra e conflitto armato. La giornata si propone di sensibilizzare la società sugli effetti dannosi prodotti dalla guerra e dai conflitti armati sull’ambiente.
Le guerre portano con sé non solo morte, distruzione e drammatiche conseguenze economiche, ma anche impatti terribili sull’ambiente che perdurano per anni e hanno ripercussioni significative sulle popolazioni e sulla salute umana.
Ogni guerra ha un prezzo in termini di perdite umane, devastazioni e crisi economica, ma spesso si sottovaluta il costo rilevante che accompagna i conflitti: l’impatto ambientale.
Un’analisi completa delle conseguenze di una guerra include i danni causati all’acqua, all’aria e al suolo, con gravi ripercussioni sulla salute umana e sulle specie animali e vegetali.
Nonostante si parli di misure globali per la lotta al cambiamento climatico e di provvedimenti per ridurre la concentrazione di CO2 in atmosfera, si tende a ignorare gli effetti che anche un singolo bombardamento può avere sull’ambiente.
Gli impatti delle guerre sull’ambiente
Danni per l’aria
Ogni guerra richiede ingenti quantità di carburante per mezzi di terra, aria, attrezzature militari e navi da trasporto, con conseguenti massicce emissioni di CO2 nell’atmosfera. Ogni esplosione produce grandi quantità di polveri e gas che inquinano l’aria e vengono trasportati dai venti. Per giunta le attività militari in tempo di pace contribuiscono in modo significativo alle emissioni di CO2.
Nel periodo tra il 2001 e il 2017, il Dipartimento di Stato americano ha emesso 1,2 miliardi di tonnellate di CO2, equivalenti alle emissioni annuali di 257 milioni di automezzi. Durante il conflitto in Ucraina, solo nei primi 7 mesi, le emissioni hanno raggiunto almeno 100 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, secondo un gruppo internazionale di ricercatori.
Danni per il suolo
La contaminazione chimica del suolo è principalmente causata dal contatto con sostanze tossiche deliberate o accidentalmente introdotte durante i conflitti, che possono ostacolare qualsiasi utilizzo produttivo per lunghi periodi di tempo. Sostanze come metalli pesanti, idrocarburi, solventi organici, fenoli sintetici, cianuro e arsenico vengono rilasciate nel terreno.
Durante la guerra, vasti territori vengono deforestati deliberatamente per agevolare le operazioni militari, e il passaggio di carri armati e mezzi pesanti compatta il suolo, generando crateri che influenzano la conformazione del territorio e l’erosione. Inoltre, i residui di ordigni inesplosi, noti come UXO (unexploded ordnance), rendono le aree impraticabili e causano danni ai civili, rilasciando residui tossici nell’acqua, nel suolo e lungo le catene alimentari. In Italia, secondo un rapporto del Ministero della Difesa, le unità preposte alla bonifica dei residuati bellici eseguono mediamente 2500 interventi l’anno sul territorio nazionale.
Le conseguenze per l’acqua
Gli inquinanti che si infiltrano nel terreno raggiungono rapidamente i corsi d’acqua e le acque sotterranee, contaminando fiumi e falde acquifere. Spesso vengono bombardate dighe o deviati fiumi nell’intento di allagare o, al contrario, ridurre drasticamente la disponibilità di acqua nell’area colpita.
Ad esempio, a Gaza, gli impianti di trattamento delle acque reflue e le stazioni di pompaggio dell’acqua sono attualmente fuori servizio a causa della mancanza di corrente elettrica, con il risultato che le acque inquinate vengono scaricate in mare e non c’è più accesso all’acqua potabile.
Ripercussioni su fauna e vegetazione
Gli incendi causati dai bombardamenti distruggono la vegetazione e gli habitat che fungono da rifugio per numerose specie. In Ucraina, ad esempio, sono stati bruciati o danneggiati 280.000 ettari di foreste in un solo anno di conflitto. Molte specie animali muoiono immediatamente, mentre altre subiscono una diminuzione significativa a causa dell’inquinamento o della perdita di risorse. Gli effetti si estendono anche alle specie marine nelle aree colpite da operazioni navali o esplosioni sottomarine.
L’Impatto Ambientale dei Conflitti Moderni: Una Triste Realtà
Quanto incide realmente un conflitto sulla salute del nostro pianeta? Vediamo gli effetti ambientali di vari conflitti che hanno insanguinato diverse parti del mondo dal decennio degli anni ’60 in poi, e approfondiamo come la guerra in Ucraina, al giorno d’oggi, influenzi il nostro ambiente.
Guerra del Vietnam (1961-1975)
Questo conflitto ha lasciato un’eredità di distruzione ambientale di vasta portata, con la devastazione di circa 325.000 ettari di territorio. In particolare, le preziose foreste di mangrovie, che erano ricche di biodiversità, sono state gravemente compromesse. Nel Vietnam del Sud, quasi 2 milioni di ettari di terreno sono stati saturati di erbicidi come il Napalm, causando la distruzione della copertura forestale, dei campi coltivati e di numerosi habitat naturali.
Prima Guerra del Golfo (1990-1991)
Nel Golfo Persico, ben 700 milioni di litri di petrolio sono stati riversati in mare, coprendo circa 300 km di coste in Kuwait e Arabia Saudita con greggio. Questo ha causato danni significativi alle zone umide, alle paludi e alla fauna selvatica presente nell’area. Gli iracheni hanno sabotato circa 600 pozzi petroliferi, e gli incendi hanno rilasciato nell’atmosfera circa mezzo miliardo di tonnellate di anidride carbonica, contribuendo all’inquinamento atmosferico persino in India.
Guerra in Iraq (2003-2011)
I bombardamenti del 2003 hanno distrutto i sistemi idrici e igienico-sanitari di molti centri abitati, con milioni di tonnellate di liquami grezzi scaricati nei fiumi. Dopo la distruzione delle fabbriche, numerosi rifiuti industriali sono stati dispersi nell’ambiente. Tra il 2014 e il 2017, i combattimenti in Iraq hanno devastato 63 città e 1556 villaggi, generando oltre 55 milioni di tonnellate di detriti. Inoltre, i resti di uranio impoverito sono stati dispersi in diverse località, ridotti in particelle radioattive che si diffondono durante le tempeste di sabbia.
Questi esempi drammatici sottolineano quanto i conflitti moderni abbiano un costo devastante sull’ambiente, compromettendo la biodiversità, inquinando le risorse idriche e contribuendo al cambiamento climatico. Il costo in termini di danni ambientali è incalcolabile, ma è essenziale riconoscere questi impatti e lavorare per prevenirli in futuro. Solo attraverso una maggiore consapevolezza e sforzi concreti a livello internazionale possiamo sperare di limitare l’impatto ambientale dei conflitti.
Guerra in Ucraina (2022-in corso)
La guerra nel Donbass, a partire dal 2014, ha causato la chiusura di numerose fabbriche e l’abbandono di miniere, aumentando notevolmente il rischio di fuoriuscite tossiche e danni permanenti all’ambiente circostante e alle acque sotterranee. Attualmente, gli intensi bombardamenti hanno causato incendi di proporzioni tali da essere rilevabili persino dallo spazio e hanno distrutto foreste e habitat unici. L’Ucraina ospita circa 6808 aree naturali protette e contribuisce al 35% della biodiversità continentale europea.
Un conflitto può avere numerosi effetti negativi sulla biodiversità, minacciando in particolare specie rare che abitano gli ambienti forestali, come l’orso bruno euroasiatico, la lince euroasiatica e il bisonte europeo. Lungo le coste, si stima la perdita di numerose specie di uccelli e la morte di circa 50.000 cetacei. Il rumore generato dalle navi militari e dai bombardamenti in mare e lungo le coste disorienta questi animali, spesso portando alla loro morte nel breve o lungo termine.
Inoltre, va sottolineato che l’Ucraina presenta un elevato tasso di contaminazione del suolo, con molti terreni resi inutilizzabili a causa di ordigni inesplosi o della presenza massiccia di sostanze tossiche come il fosforo bianco. Il costo stimato di questi danni, secondo alcuni ricercatori, si aggira attualmente intorno ai 46 miliardi di euro.
Molti altri esempi potrebbero essere citati, considerando il gran numero di conflitti in corso in diverse parti del mondo.
Cosa fare per limitare i danni?
Sebbene la limitazione dei danni derivanti dai conflitti sia sempre auspicabile, essa è spesso difficile da attuare. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 5 novembre 2001, ha dichiarato il 6 novembre come Giornata internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in guerra e conflitto armato una data che ci ricorda l’urgente necessità di proteggere l’ambiente anche in periodi di conflitto.
Nel 2013, un gruppo di scienziati internazionali ha compiuto un passo significativo firmando un appello per promuovere la creazione di una Convenzione Internazionale dedicata a sostenere la protezione ambientale durante i conflitti.
Questo sforzo ha portato alla Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite, che ha avviato un programma di lavoro intitolato “Protection of the environment in relation to armed conflicts” (PERAC). Tuttavia, la strada verso l’attuazione piena e efficace di misure che garantiscano la tutela dell’ambiente in situazioni di conflitto è ancora lunga e richiederà un impegno costante da parte della comunità internazionale.