Economia circolare:
un bene per noi e per l’ambiente

In natura non esiste il rifiuto. Tutto viene riutilizzato, tutto ha una funzione specifica e tutto è profondamente interconnesso.

Questo accade perché il mondo naturale è fatto di tanti ingranaggi che si completano a vicenda e ogni tipo di sostanza e materiale prodotto e utilizzato dalle popolazioni biologiche degli ecosistemi, quando cessa la propria funzione specifica, viene rimesso in circolazione sotto diverse sembianze.

Ecco dunque spiegato, in poche parole, uno dei principi sul quale dovremmo basare il nostro modello di sviluppo e che, ad oggi, viene conosciuto come Economia circolare.

Nello specifico, secondo la Macarthur Foundation, quest’ultima consiste in un insieme di soluzioni sistemiche capaci di affrontare sfide globali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, i rifiuti e l’inquinamento basandosi su 3 pilastri fondamentali: l’eliminazione degli sprechi e dell’inquinamento; il riuso di prodotti e materiali; la rigenerazione della natura.

Tale modello deve essere sostenuto e andare di pari passo con la transizione energetica, che punta alla massimizzazione dell’utilizzo delle energie rinnovabili, e con l’uso altrettanto fondamentale di materiali che minimizzino l’impatto sulla natura e arrivino da fonti anch’esse rinnovabili. In questo senso, dunque, l’economia circolare richiede un disaccoppiamento delle attività economiche dal consumo delle risorse ed è, proprio per questo, un sistema resiliente e conveniente per le imprese, le persone e l’ambiente.

Un paradigma che ci riporta al concetto di One Health, ossia l’approccio collaborativo, multisettoriale e transdisciplinare che riconosce l’interconnessione tra persone, animali, piante e l’ambiente che condividono.

Dall’effetto farfalla al diagramma farfalla

Nel 1963, il meteorologo e matematico Edward Lorenz fu il primo a parlare di effetto farfalla associandolo a quella che è conosciuta, ad oggi, come la teoria del caos.

Da quel momento, tale principio è stato usato per spiegare svariati contesti, in ultimo anche l’emergenza ecologica visto che, com’è ormai noto, anche la minima variazione delle variabili ambientali (siano esse atmosferiche, di temperatura, ecosistemiche…) in una parte del globo, può in effetti innescare conseguenze anche a migliaia di chilometri di distanza.

Ecco che, per evitare che “il battito d’ali di una farfalla possa scatenare un uragano dall’altra parte del mondo”, ci viene in aiuto un diagramma che prende il nome proprio da questo magico insetto impollinatore.

Il diagramma farfalla, infatti, illustra chiaramente l’alternativa fornita dall’economia circolare al tradizionale modello di sviluppo attraverso la messa in circolo continua dei materiali. Guardandolo emerge chiaramente come esistano due cicli principali: quello tecnico e quello biologico. Nel primo, i prodotti e i materiali vengono mantenuti in circolazione attraverso processi quali il riutilizzo, la riparazione, la rifabbricazione e il riciclaggio. Nel secondo, i nutrienti dei materiali biodegradabili vengono restituiti alla Terra per rigenerare la natura.

Questo a sottolineare ancora una volta come prendere spunto dalla natura ci fornisca una via d’uscita dalla crisi che noi stessi abbiamo generato.

Economia circolare: dalla teoria alla pratica

I principi dell’economia circolare possono essere applicati ad ogni settore produttivo e ad ogni aspetto della nostra vita quotidiana, con enormi benefici per l’economia globale, per la natura e per il nostro portafoglio.
Per capirne l’importanza è sufficiente guardare ai dati. Quasi la metà delle emissioni di carbonio, infatti, provengono dall’industria, dall’agricoltura e dall’uso del suolo, e oltre il 90% della perdita di biodiversità è dovuta all’estrazione e alla lavorazione delle risorse naturali.

Al contrario, promuovere l’applicazione del modello circolare al settore agroalimentare può aiutare a migliorarne l’efficienza riducendo la perdita di biodiversità che, se in salute, garantisce tutta una serie di beni e servizi a titolo completamente gratuito – conosciuti come servizi ecosistemici – tra cui quello di impollinazione.

A questo si aggiunge che diminuendo l’inquinamento e lo spreco nell’intera filiera produttiva, e scegliendo forme di proteine alternative rispetto alla carne, si otterranno benefici diffusi come una riduzione delle emissioni di metano fino al 90% entro il 2050, e una diminuzione del 50% dei rifiuti alimentari pro-capite con effetti diretti sulle foreste e sul raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 che sono fondamentali per la sopravvivenza dell’umanità.

Un altro esempio arriva dal principio dell’economia circolare secondo cui i prodotti possono essere progettati per decomporsi naturalmente dopo l’uso, proprio come avviene nel mondo naturale. Ecco, dunque, che il tradizionale imballaggio di plastica può essere sostituito da nuove fibre naturali e compostabili, contribuendo a ridurre il numero di tonnellate di plastica che ogni anno finiscono nei nostri oceani e che, ad oggi, ammonta a circa 8 milioni di tonnellate.

I benefici per le piccole e medie imprese

Puntare ad un modello di economica circolare non significa solo riutilizzare la carta di giornale per i pacchetti di Natale, oppure acquistare abiti usati – entrambe abitudini utili e, perché no, divertenti – ma equivale a dare nuova vita al mondo dell’imprenditoria, compresa quella medio-piccola.

Per le piccole e medie imprese che adottano i principi dell’economia circolare, infatti, ci sono una serie di vantaggi che vanno dall’aumento della reputazione del marchio, alla riduzione dei costi (operativi), dalla crescita del business, all’aumento della produttività fino all’impatto positivo sull’ambiente attraverso la riduzione delle emissioni di CO2 e l’impronta ridotta su specie ed ecosistemi.

A partire dall’analisi dei modelli di business adottati da piattaforme di condivisione e Platform-as-a-Service (PaaS) – ossia servizi di cloud computing in cui la piattaforma software applicativa viene fornita da terze parti – una ricerca condotta da Accenture mostra come l’economia circolare potrebbe generare ulteriori 4,5 trilioni di dollari di produzione economica entro il 2030 attraverso la creazione di posti di lavoro e l’innovazione. Inoltre, passando a un modello circolare, le imprese utilizzano meno materiali vergini e più prodotti riciclati.

Questo riduce l’esposizione dell’azienda alla volatilità dei prezzi dei materiali e alle interruzioni della catena di approvvigionamento. Queste interruzioni di fornitura stanno diventando sempre più frequenti – come dimostrano le crisi conseguente alla pandemia da Covid19 e alla guerra in Ucraina – e continueranno ad esserlo come conseguenza della crisi ecologica. Passando a modelli di economia circolare più decentralizzati, le imprese possono invece aumentare la resilienza e ottenere un vantaggio competitivo rispetto alle aziende che rimangono indietro.

Naturalmente, molti dei vantaggi economici richiederanno tempo e un approccio sistemico. Tuttavia, man mano che un numero maggiore di aziende e consumatori adotterà modelli circolari e verranno adottate politiche che ne incentiveranno l’adozione, i benefici economici saranno sempre più palesi e diffusi.

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