Da quando è stato pubblicato per la prima volta, nel 1955, il Guinness Book of World Records, contenente i primati a livello globale, è stato tradotto in 40 lingue per un totale di circa 150 milioni di copie vendute.
Dal tempo più lungo con un pallone sulla pianta del piede sul tetto di una macchina in movimento, al maggior numero di salsicce prodotte in un minuto, fino ai ferri per lavorare a maglia più grandi, sono numerose le imprese – degne o meno di nota che siano – che hanno contraddistinto la specie umana. Fino al 4 luglio scorso quando ci siamo forgiati di un nuovo record: quello di aver creato le condizioni affinché la Terra raggiungesse la temperatura più alta mai registrata nella storia.
Copernicus, iniziativa fondata nel 2001 dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e della Commissione europea con il fine di rilevare dati satellitare in materia di sicurezza e ambiente ha infatti confermato che lunedì 3 luglio le temperature medie globali hanno raggiunto i 17,01 gradi Celsius, arrivando al record di 17.18 nella giornata di Martedì 4 luglio e rimanendo stabili per tutta la giornata successiva. Il precedente record di 16,92 gradi Celsius era stato stabilito nell’agosto del 2016.
Tale record è l’ennesima prova della velocità con cui il mondo si sta riscaldando, condizione che è destinata a peggiorare con l’arrivo del fenomeno climatico naturale conosciuto come El Niño, fenomeno climatico ciclico, che si verifica ogni 3-8 anni quando la temperatura delle acque del Pacifico equatoriale orientale aumenta di 0,5 °C per un periodo di tempo non inferiore ai 5 mesi.
Dall’India al Messico, passando per l’Europa, il Canada e gli Stati Uniti – solo per citarne alcuni – gli effetti dei cambiamenti climatici e del surriscaldamento globale si sono fatti già ampiamente sentire nell’intero arco dei primi 6 mesi del 2023: ondate di calore, alluvioni, incendi… hanno ucciso migliaia di persone e il numero delle vittime, umane e non, è destinato a salire vertiginosamente.
L’anno scorso, l’Organismo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC – International Panel on Climate Change) aveva chiaramente ribadito che, nonostante gli appelli della scienza, e le numerose evidenze, il pianeta era sulla buona strada per superare l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale a 1,5 °C come stabilito a Parigi nel 2016. Una soglia che, secondo la comunità scientifica, indicherebbe il limite oltre il quale la popolazione umana non sarà in grado di adattarsi ad eventi estremi come ondate di calore, carestie e malattie infettive, oltre che alla scomparsa irrimediabile di biodiversità e ai servizi ecosistemici che ci consentono di vivere sul Pianeta.
Nonostante una delle regole auree della comunicazione legata alla crisi climatica richieda di non creare allarmismi, c’è da chiedersi se indorare ancora la pillola sia utile o efficace.
E dal momento che alcune regole nascono proprio per essere infrante, ecco come stanno le cose: le temperature globali sono già di 1.25°C al di sopra della media preindustriale e aumentano di circa 0.25°C ogni decennio.
Senza un’azione unanime e immediata, che sfidi politiche, interessi economici, e negazionismo, la soglia di non ritorno è fissata per il 2030. Un futuro da cui, contrariamente a quello che il brillante scienziato Doc ci aveva abituati nel famoso film di Zemeckis, potremmo non riuscire a tornare indietro. Almeno che, con tutta la forza e l’intelligenza di cui siamo capaci, non saliamo al più presto a bordo della Delorian. E’ ancora possibile riuscirci. La finestra temporale è aperta. Ma è il momento di agire.