Sono Irene, fotografa e content creator, immersa nel mondo dei social media da cinque anni e attiva su Instagram da ben tredici.
La mia specializzazione si concentra sul mondo outdoor, sport ed esperienze che spingono i limiti dell’avventura e della scoperta.
Ma oggi voglio raccontarvi di un viaggio che ha toccato le corde più profonde del mio essere, un’esperienza che va oltre la semplice esplorazione fisica: il mio ritorno a Zanzibar.
Zanzibar è un’isola che mi ha sempre affascinato, un luogo dove la natura incanta con le sue spiagge bianche e le acque cristalline, un angolo di paradiso sulla Terra. La mia prima visita risale a luglio 2021, un viaggio intrapreso più con l’atteggiamento di una turista, desiderosa di scoprire le meraviglie di questa perla dell’Oceano Indiano.
Ma quella visita mi ha lasciato una sensazione di incompiuto, una curiosità insaziabile per la vera essenza di questo luogo e le sue genti.
Guidata dal desiderio di ritrovare un contatto più autentico con l’umanità e di andare oltre la superficie delle esperienze turistiche, ho deciso di tornare a Zanzibar.
Questa volta, però, il mio obiettivo era immergermi nella realtà quotidiana degli abitanti, visitare i villaggi e le scuole, e offrire il mio contributo collaborando con diverse associazioni di volontariato.
Era un desiderio di connessione, di comprensione, di dare e ricevere in un circolo virtuoso di umanità.
Quello che ho trovato, però, è stata un’isola molto cambiata rispetto al mio ricordo del 2021. Il contrasto tra la bellezza naturale di Zanzibar e le sfide sociali ed ambientali che sta affrontando è diventato ancor più evidente.
La colonizzazione straniera, con molti italiani tra gli altri che hanno acquistato terreni per costruire, ha lasciato un’impronta profonda, contribuendo a modificare l’equilibrio sociale ed economico dell’isola.
A livello ambientale, il cambiamento è stato ancor più drastico.
Se nel 2021 la pandemia aveva in qualche modo limitato il flusso turistico e con esso l’impatto sull’ambiente, il mio ritorno ha rivelato una situazione allarmante.
Le spiagge e le strade erano soffocate da rifiuti di plastica a livelli che ho percepito come irreversibili. La bellezza mozzafiato delle coste si contrapponeva tragicamente alla sporcizia e al degrado appena più nell’entroterra, dove i rifiuti sembrano essere stati spostati deliberatamente per non disturbare la vista dei turisti.
La Shamba, il villaggio che ho visitato, era emblematica di questa situazione.
Meno frequentato dai visitatori, offre una prospettiva cruda e non filtrata della realtà ambientale di Zanzibar. Solo avventurandosi lontano dalle rotte turistiche convenzionali è possibile comprendere l’entità del problema e la sua impatto sulla vita quotidiana degli abitanti dell’isola.
Questa esperienza mi ha profondamente toccata e mi ha spinto a riflettere sul ruolo che ciascuno di noi gioca nel rispetto dell’ambiente e delle culture che visitiamo.
Mi ha insegnato che viaggiare non significa solo esplorare luoghi nuovi, ma anche confrontarsi con realtà diverse e, a volte, scomode.
Attraverso le mie fotografie e i miei racconti, spero di poter trasmettere non solo la bellezza di ciò che vediamo, ma anche la responsabilità che abbiamo nei confronti dei luoghi e delle persone che incontriamo lungo il nostro cammino.
Irene Pila
fotografa e content creator a tempo pieno.