C’è un barlume di speranza per il futuro: i leader mondiali hanno raggiunto un accordo per affrontare i cambiamenti climatici.
La COP28, Conferenza delle Parti sul clima delle Nazioni Unite, si è conclusa il 13 dicembre con un accordo che, sebbene susciti dibattiti, viene definito “storico”. Per la prima volta nella storia delle conferenze sul clima, le parole “combustibili fossili” (ossia petrolio, carbone e gas) sono state incluse nell’accordo finale approvato dai paesi partecipanti, insieme all’impegno a iniziare “la transizione” per eliminare gradualmente le principali fonti del riscaldamento globale.
Questo risultato rappresenta una vittoria per il multilateralismo e, in particolare, per la diplomazia europea.
L’obiettivo è quello di raggiungere zero emissioni entro il 2050.
I paesi partecipanti alla conferenza hanno sottoscritto l’accordo che chiede “l’abbandono dei combustibili fossili nei sistemi energetici, in modo equo, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico, per raggiungere l’obiettivo zero emissioni entro il 2050, in linea con le indicazioni scientifiche”. Questo accordo, noto come Global Stocktake, prevede anche che i paesi adottino una serie di misure per triplicare l’uso delle energie rinnovabili e raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030.
L’obiettivo di triplicare la capacità di energia rinnovabile nel mondo entro il 2030, un obiettivo approvato da 116 parti alla COP28, è ambizioso, anche se Cina, India e Russia hanno deciso di non aderire.
Oltre ai risultati concreti, è importante riflettere su ciò che possiamo imparare dalla più grande conferenza internazionale sul clima, che ha visto la partecipazione di 197 Paesi e dell’Unione Europea, con oltre 70.000 partecipanti accreditati.
Ecco alcuni dei punti salienti, delle cifre chiave e delle citazioni emerse dalla COP28:
Creazione del fondo “perdite e danni” fin dal primo giorno della conferenza. Questo fondo, negoziato già alla COP27, mira a sostenere i Paesi più vulnerabili di fronte ai disastri climatici e ha ricevuto promesse di finanziamento per un totale di 792 milioni di dollari da parte dei governi.
È stato confermato che il 2023 sarà l’anno più caldo mai registrato, con temperature previste a 1,40°C al di sopra della media preindustriale (1850-1900). Questa notizia è stata segnalata dai rapporti di scienziati europei di Copernicus e dall’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM).
Gli impegni delle compagnie petrolifere per ridurre le emissioni di metano entro il 2030, annunciati il 2 dicembre a Dubai da 50 aziende petrolifere, sono stati giudicati insufficienti dal Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres.
Una dichiarazione che coinvolge 134 Paesi sull’affrontare gli impatti climatici dell’industria agroalimentare, rappresentando 5,7 miliardi di persone, il 70% del cibo consumato e il 76% delle emissioni prodotte dal sistema alimentare globale. Tuttavia, la dichiarazione non contiene obiettivi quantificati e non menziona il settore del bestiame.
Il 2 dicembre, 22 Paesi, tra cui Francia, Paesi Bassi, Stati Uniti, Canada e Giappone, hanno firmato una dichiarazione che chiedeva di triplicare la capacità di produzione di energia nucleare tra il 2020 e il 2050, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza da petrolio, gas e carbone.
60 Paesi si sono impegnati a ridurre le emissioni del settore della refrigerazione e del condizionamento dell’aria entro il 2050, dato che questo settore contribuisce al 7% delle emissioni globali di gas serra.
Il 6 dicembre, 35 Paesi, tra cui Paesi Bassi e Belgio, hanno deciso di riconoscere reciprocamente i certificati di idrogeno pulito, consentendo flussi transfrontalieri a lunga distanza di idrogeno a basse emissioni di carbonio prodotto con energie rinnovabili.
Nonostante le resistenze iniziali, è stato raggiunto un compromesso nella dichiarazione finale, che ora menziona la necessità di una “transizione dai combustibili fossili”. Questo è stato un passo significativo, considerando che i combustibili fossili sono responsabili dell’80% del riscaldamento globale.
Alcune cifre chiave emerse dalla COP28 includono il fatto che nel 2022 più di 56 milioni di persone hanno sofferto la fame a causa di eventi meteorologici estremi, che nel 2090 potrebbe essere esposto al calore quasi un terzo della popolazione mondiale, e che le concentrazioni globali di CO2 hanno superato per la prima volta i livelli preindustriali del 50% nel 2022.
Inoltre, è stato evidenziato che ogni anno vengono spesi quasi 7.000 miliardi di dollari in finanziamenti pubblici e privati, equivalenti al 7% del PIL globale, per attività che contribuiscono direttamente al cambiamento climatico, mentre le soluzioni basate sulla natura ricevono solo circa 30 volte meno finanziamenti, secondo un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) pubblicato durante la COP28.
Le reazioni delle associazioni ambientaliste sono state variegate.
Nonostante sia stato un risultato importante, rimane ancora molto lavoro da fare, soprattutto per cercare di limitare l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi rispetto al periodo preindustriale, come previsto nell’Accordo di Parigi del 2015. Le associazioni ambientaliste, in particolare, hanno sollevato critiche. Manuel Pulgar-Vidal, responsabile globale del clima e dell’energia del WWF e presidente della COP20, ha dichiarato: “La Terra come la conosciamo è in pericolo, ma non è ancora persa, poiché i Paesi alla COP28 hanno concordato di abbandonare gradualmente i combustibili fossili. Questo risultato dovrebbe segnare l’inizio della fine dell’era dei combustibili fossili.” Greenpeace International ha commentato: “Questa decisione non è ancora sufficiente per soddisfare le esigenze del mondo, ma rappresenta un miglioramento nell’appello a una transizione lontano dalle energie dei combustibili fossili.“