Un anno fa esatto è entrato in vigore il decreto legislativo n. 196 del 8 novembre 2021, il quale ha recepito la direttiva europea sulle plastiche monouso (SUP, Single Use Plastic), adottata nel 2019 come direttiva (UE) 2019/904 dal Parlamento Europeo e dal Consiglio il 5 giugno 2019, con l’obiettivo di ridurre l’impatto dei prodotti di plastica sull’ambiente.
Il decreto stabilisce il divieto di commercializzare una vasta gamma di oggetti in plastica monouso, tra cui piatti, posate, cannucce, agitatori per bevande, aste per palloncini, bastoncini cotonati e alcuni contenitori in polistirolo. Per questi prodotti, le aziende possono continuare a vendere ciò che hanno in magazzino, ma non possono più introdurre nuove forniture sul mercato.
Tuttavia, la direttiva europea e il decreto legislativo prevedono delle eccezioni per i composti al 100% di plastica biodegradabile, nonché per i prodotti biodegradabili e compostabili certificati conformi agli standard europei UNI EN 13432 o UNI EN 14995. Questi prodotti devono essere composti da materiale rinnovabile per almeno il 40% (percentuale che aumenterà al 60% a partire dal 1 gennaio 2024).
Queste misure legislative si inseriscono nel contesto più ampio dei criteri ESG (Environmental, Social, Governance), che valutano l’impegno delle aziende e delle organizzazioni in termini di sostenibilità ambientale, impatto sociale e gestione aziendale etica. Questi criteri sono in linea con l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs).
L’Agenda 2030, adottata nel 2015, rappresenta un impegno globale per il benessere delle persone, la prosperità economica e la salvaguardia dell’ambiente. Essa è composta da 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) con 169 target specifici.
Tuttavia, nonostante queste misure legislative, è emersa una tattica per eludere il divieto di plastica monouso. Alcuni produttori stanno commercializzando stoviglie di plastica che sono dichiarati come riutilizzabili, ma che in realtà sono destinati a essere usati solo per un numero limitato di volte. Questa pratica solleva preoccupazioni riguardo a un aumento dell’uso di plastica anziché una riduzione.
La legge italiana di recepimento della direttiva europea SUP aveva inizialmente vietato i prodotti in plastica tradizionale monouso, consentendo solo quelli in plastica biodegradabile o carta. Tuttavia, alcuni prodotti dichiarati come “riutilizzabili” ma leggeri e fragili stanno guadagnando terreno sul mercato, mettendo in difficoltà le aziende che producono stoviglie biodegradabili. La mancanza di una definizione chiara di “riutilizzabile” nella direttiva europea ha creato questa ambiguità.

La questione si complica ulteriormente con il fatto che questi piatti vengono considerati imballaggi solo quando sono forniti con cibo all’interno, altrimenti vengono considerati semplicemente oggetti o stoviglie.
Per affrontare questa problematica, potrebbe essere necessario stabilire criteri più rigorosi per definire cosa significa “riutilizzabile” e garantire che tali prodotti rispondano a standard di qualità. Inoltre, dovrebbe essere chiarito se tali prodotti possono effettivamente essere riciclati, poiché attualmente non sono considerati imballaggi e non contribuiscono al riciclaggio degli imballaggi.
L’attenzione verso la sostenibilità e l’impatto ambientale sta diventando sempre più importante nelle normative e nelle strategie aziendali, e le sfide legate all’uso di materiali plastici monouso richiedono una regolamentazione più chiara e rigorosa per promuovere un comportamento più sostenibile.